Il toponimo è stato oggetto di varie interpretazioni, ma è certa solamente la derivazione ligure del suffisso -asco, molto diffuso nella pianura padana occidentale, che vuol dire in senso lato "spianata", "aperta campagna". Lo studioso Francesco Moro fa riferire il tema alla radice "Rauza", a cui si collegano il gotico "raus" e l'antico francese "ros", voce del dialetto locale che significa "intrico di vegetazione", "cespuglio". Ne deriva l'interpretazione del toponimo come di uin luogo di pianura coperto da fitta vegetazione.
La località ha visto dunque sicuramente la presenza dei Liguri, e poi quella dei Celti. Tracce di un insediamento romano sono suffragate da ritrovamenti lapidei, tra cui un'iscrizione sepolcrale ed un'ara votiva dedicata a Minerva. Il villaggio ha sofferto successivamente il dominio dei Goti e quello dei Longobardi; nel 1011 il re Arduino, marchese d'Ivrea, lo donò, (ribadendo una precedente concessione di Ottone di Sassonia datata 21 novembre 977) con il suo castello e con il territorio adiacente, (fatta esclusione per l'attuale frazione Rivoltella, che apparteneva al contado di Robbio) alla Chiesa di San Siro di Pavia, da cui passò al locale Episcopato, e da questi al Vescovo di Vigevano, dal quale ancora oggi la Parrocchia dipende. Nel 1355 andò ai Beccaria; dopo alterne vicende, nel 1701 pervenne ai Visconti di Saliceto e infine al Regno Sabaudo.
Il castello
Il Castello di Rosasco, costruito verso la fine del IX secolo, è una delle più antiche struitture castrensi della Lomellina: un vasto sistema fortificato, ancora oggi riconoscibile nella sua perimetrazione, sebbene abbia conosciuto nel 1630, ad opera dei Francesi capitanati dal Crequi, una grave devastazione, a cui fece seguito la totale distruzione della cinta muraria per opera delle milizie sabaude nel 1643. Restano oggi visibili, e molto ben conservate, grazie ad una diligente opera di restauro, soltanto due torri (una terza si trova
inglobata nel complesso della Chiesa Parrocchiale): l'imponente "Torre del Consegno" (così chiamata per l'uso, in periodo napoleonico, di farvi convocare i giovani del luogo destinati all'arruolamento), che si affaccia sul lato Est della piazza del Paese, e l'alto e snello Torrione ghibellino, dall'nsolita pianta rettangolare, che si innalza per ben 25 metri nella zona più elevata del Centro storico. Ambedue le torri sono visitabili e pienamente agibili: in particolare, dalla sommità della seconda si può godere di una vista suggestiva di Rosasco e del territorio circostante.
La Chiesa Parrocchiale
All'interno dell'antico perimetro del Castello, affacciata sull'ampio spiazzo del sagrato, che declina dolcemente con il suo acciottolato verso il centro della piazza del Paese, si erge la mole della Chiesa Parrocchiale, edificata nel 1496 sulle fondamenta della primitiva Cappella di Corte. L'edificio, a pianta rettangolare con due cappelle laterali, ingloba nel lato Sud-Est una delle torri medioevali collegate alla struttura del Castello; all'interno gli spazi sono scanditi da una doppia fila di possenti pilastri cilindrici in mattoni a vista, che imprimono all'ambiente una sensazione di forza e di assorta severità. Tra le numerose opere d'arte conservate all'interno spicca alla parete di destra uno splendido olio su tavola di Bernardino Lanino (fine XVI secolo); degno di menzione è anche un pregevole Crocifisso ligneo coevo e, in sacrestia, un affresco di epoca anteriore, di notevole qualità. L'intero edificio è stato restaurato e messo in sicurezza con una serie di appropriati interventi conservativi tra il 1986 e il 2005. E' dedicato a Santa Maria e al patrono di Rosasco, San Valentino.
La Chiesa di San Giuseppe
Sullo stesso sagrato si affaccia anche la Chiesa di San Giuseppe, costruita
nel corso del XVII secolo; è caratterizzata da un'unica navata con presbiterio
e abside semicircolare, e da un alto campanile. Apparteneva alla "Confraternita
di San Giuseppe", attiva fino al 1870. Ha subito nel corso degli anni vari
rimaneggiamenti, che tuttavia non le hanno sottratto quel fascino discreto che
la fa così diversa dalla prospiciente Chiesa Parrocchiale.
La Cappella dell'Ossario
A fianco della Chiesa Parrocchiale e di fronte alla Chiesa di San Giuseppe
troviamo la Cappella dell'Ossario, un elegante edificio in stile barocco,
risalente alla prima metà del secolo XVIII; mostra scene pittoriche e
attrraenti motivi architettonici e ornamentali. E' sorta come contenitore
delle ossa esumate dai due cimiteri che occupavano l'area adiacente allo spazio
di terreno sul quale si trova. E' di forte impatto visivo. L'interno, non
praticabile, può essere scorto dalla grata di una finestra centrale che si
affaccia sul sagrato.
Il Santuario
All'interno dell'area cimiteriale, nell'immediata periferia del Paese, sorge
la "Parrocchiale Campestre di Santa Maria", un piccolo Santuario in gran parte
rifatto nel corso del XVIII secolo. Divenne Cappella Cimiteriale a seguito
dell'editto napoleonico in virtù del quale l'area destinata alle sepolture, che
in precedenza si trovava all'interno dell'abitato, doveva essere trasferita
lontano dagli insediamenti. Nel corso del tempo il Santuario si è arricchito di
cappelle funerarie e di un elegante porticato di stile neoclassico. All'interno
esisteva un'immagine di San Ponzio, protettore delle gestanti, molto venerata
dai Rosaschesi. Il dipinto, con altre opere, è stato recentemente trafugato.
Palazzo Frova
Affacciato sulla vasta piazza centrale, Palazzo Frova rappresenta un classico
esempio di edificio signorile del XIX secolo. La casa, a tre piani, presenta
una facciata a bugnato con un ampio balcone; la modanatura finale risale al
1858 e dona alla costruzione un effetto di imponente verticalità
posteriormente il palazzo si sviluppa con due corpi di fabbrica, dal profilo
più contenuto, che racchiudono un vasto cortile, proseguento poi con una
masseria nella quale spiccano, per l'originalità delle strutture, le stalle,
dotate di esili colonne di granito, e la grande ghiacciaia di forma circolare.
L'edificio, di proprietà del Comune, è chiuso al pubblico, e necessita,
soprattutto all'interno, di interventi di restauro.
Palazzo Visconti
Nel cuore del Paese, lungo la vecchia Strada Maestra, oggi Via Roma, sorge il
"Palazzo Visconti", un edificio dall'inconfondibile stile neoclassico, formato
da tre corpi di fabbrica che racchiudono un ampio cortile con pavimentazione a
selciato, sul quale si affacciano portici sorretti da eleganti colonne, in un
insieme di trabeazioni, architravi, cornicioni e fregi di notevole effetto
scenografico. Il palazzo, appartenuto alla famiglia Visconti, già presente in
Rosasco nel 1600, deve il suo aspetto attuale, con ogni probabilità, alla
progettazione del marchese Bernardino Morelloi nel 1818.
A Rosasco è la coltura del riso ad imprimere le sue connotazioni di
peculiarità ad un mondo rurale che ha scritto e continua a scrivere la storia
di questo territorio. La geografia ambientale è quindi formata da una sola area
morfologica, secondo un tracciato nel quale la distesa delle campagne è piatta
e uniforme, ed è fitta la rete delle rogge e dei canali che delimitano i campi
e le diverse proprietà. I vantaggi derivati da una razionale distribuzione ed
utilizzazione delle acque si accompagnano a quelli forniti dalle nuove
macchine, sempre più efficienti e sofisticate: l'agricoltore ha raggiunto,
grazie all'intensa meccanizzazione e modernizzazione derlle sue aziende,
livelli produttivi eccellenti, acquisendo attitudini imprenditoriali e
tecnologiche tali da consentirgli un'alta capacità competitiva. Il ricambio
generazionale ha visto da parte dei giovani coltivatori diretti un più
accentuato orientamento verso l'innovazione e la sperimentazione. A Rosasco
quella dei coltivatori diretti è la componente più forte e omogenea, - unica,
in verità -, dell'ormai limitata popolazione rurale: si tratta di una forza-
lavoro costituita da 21 aziende a conduzione familiare, dislocate sia nel
centro abitato che nella frazione di Rivoltella e nei cascinali sparsi su tutto
il territorio. La tendenza alla monocoltura risicola dona al paesaggio agrario
un 'impronta speciale e inconfondibile: è una terra d'acqua, dove la mano
dell'uomo nulla ha lasciato al caso, governando la natura con decisione e
insieme con dolcezza, e permettendo tuttavia, nella vastità degli orizzonti, lo
svettare di piccole e grandi oasi di vegetazione con esuberanti connotati di
vitalità. L'habitat a risaia non ha fatto sparire i versanti di rincalzo,
occupati da abbondanti stratificazioni arbustive, che restano tuttora un
elemento caratteristico del paesaggio agrario. Le stesse cure destinate alla
coltura specializzata del riso sono rivolte a tutti gli ambienti ecologici del
territorio. A Rosasco una cosa è certa: la fedeltà all'agricoltura, così conme
l'amore per la libertà, sembra non avere prezzo.
La "Cerchiara"
E' un vasto bacino acquitrinoso, che si estende per circa 20 ettari nel
territorio di Rosasco e in misura altrettanto consistente in quello
dell'attigua località di Celpenchio, da cui la garzaia prende il nome.
La garzaia rappresenta uno splendido e incontaminato parco naturalistico, nel
quale, accanto alla rigogliosa varietà del patrimonio vegetativo, numerrose
specie di uccelli e di altri animali possono godere di un habitat straordinario
e di sicura ospitalità.